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-Leo, quando ci fermiamo?-

-Fede, ancora un altro po’, appena avremmo raggiunto quello strano, piccolo pianeta verdazzurro, laggiù in prossimità del suo Sole.-

Le sottili dita del Pilota, abilmente, impostarono la nuova rotta e il velivolo spaziale con ampie curve rallentatrici si posò dolcemente sul suolo dello sconosciuto corpo celeste, il terzo dal suo datore di luce e di calore: una modesta stella gialla, una tra le tante delle miriadi che popolano l’Universo che loro due, solitari, avevano visitato.

Già!

Il loro destino –scelto o imposto- sembrava essere proprio quello: viaggiare, trasvolare spazi infiniti, trascorrere da una nebulosa ad un’altra, senza sosta e – almeno in apparenza - senza meta specifica ed apodittica.

La lunga chioma bianca, corona di una testa già stempiata, è mossa da una lieve brezza, che l’agita confondendola con l’altrettanta lunga barba, canuta parimenti. La lunga veste purpurea che lo copre sfiora il terreno quasi senza toccarlo: invece, l’armatura metallica che copre il corpo longilineo del suo compagno, sulla cui testa spicca una corona turrita, quasi rifulge la luce di quello “strano” Sole al tramonto.

Avanzano, in un paesaggio ove fauna e flora sconosciute li circondano: piante dalle forme contorte, oppure ritte come lance, o sarmentose; le altre, nel loro contorcersi al suolo si avviluppano una dentro l’altra, come il mitico serpente Ouroburos, che si ingoia continuamente, per poi rinascere di nuovo.

Ma, il loro sguardo è attratto dallo spettacolo serotino che li sta avvolgendo e che, col suo umbratile chiaroscuro, mette viepiù in evidenza la volta di quello “strano” cielo sotto cui si trovano, ora.

Un satellite (ma sarà proprio così) di non elevate dimensioni si è accampato nel cielo, in opposizione al sole declinante, con un volto luminoso e rilucente, cui fanno corona miriadi di puntini luminosi che punteggiano come diademi sul manto blu del cielo, ovunque guardino: è uno spettacolo per loro consueto, sin da quando (già, da …quando?) il loro peregrinare astrale ha avuto inizio: l’essere circondati, quasi circonfusi, da quel “mare” di lumini, luccicanti alcuni semplici brillii sull’estremo orizzonte altri, ma tutti con un fascino, un quasi ineffabile carisma derivato dalla loro stessa presenza collegiale e collettiva.

La loro, di tutti!

-Leo, ma tu li conosci davvero tutti quei punti luminosi, che quasi pendono su di noi? È la domanda del guerriero al suo compagno navigatore astrale, mentre quest’ultimo osserva con fare “scientifico” la volta celeste.

-Vedi, mio buon Fede, l’astronomia mi ha sempre interessato, sin da bambino: ricordo che con mio padre, di sera, a Vinci salivamo sulle pendici del Montalbano e osservavamo la volta celeste. Lui m’indicava tutte le costellazioni visibili, i corpi celesti maggiori e così fino al loro tramontare, al sorgere del Sole. Da allora, il mio sguardo è sempre rivolto al cielo, ai suoi moti, alle sue regole, quelle che ho scoperto io e i tanti altri prima e dopo di me: penso a quel “capellone” inglese di Isaac o al geometra svizzero, quello dell’Ufficio Brevetti di una città chiamata Zurigo, con i capelli sempre arruffati, come si chiamava? Ah, ecco! Albert! Tutti, insieme, con tanti altri per l’invero, abbiamo contribuito a svelare i segreti dell’astrofisia e delle sue immutabili leggi, in una meccanicistica corsa verso un “fine” almeno per me ignoto, tuttora!-

L’elegante figura, chiusa nella sua armatura di ferro, annuisce con un leggero moto del capo e, pensieroso, rivolge anche lei lo sguardo al cielo, ormai brunito e istoriato dalle miriadi di puntini luminosi, uniti in arabeschi su cui ogni fantasia può scatenarsi nel vedervi quel che vuole.

A passi lenti e guardinghi, lasciano la loro astronave sul pianoro di sbarco e si avviano verso una serie di costruzioni – saranno proprio così? – diroccate e smozzicate dal tempo o da chissà cos’altro.

Fogli lacerati di un qualcosa simile alla carta, che essi usano da secoli, svolazzano nella brezza serotina e uno, dopo un leggero aliare senza apparente legge meccanica a reggerne il moto, si posa sulla spalla ferrata dell’alto sire.

Lo legge e poi, perplesso, lo passa al suo compagno, sulla cui bocca dopo pochi attimi si stampa un breve sorriso:

È di Johannes, il polacco: la sua terza legge, quella che lega distanza e velocità orbitale di pianeti intorno al loro Sole! Roba vecchia!

L’ombra crescente col tramonto dello “strano” Sole rende più vivida la “trapunta” di Stelle fisse nella volta celeste: però il loro sguardo, pur avvezzo alla loro presenza per le secolari trasvolate effettuate da tempo immemorabile, ancora le accarezza, quelle lucine; amabilmente le chiamano una ad una, come compagne di un viaggio senza fine e, forse, anche senza un vero principio effettuale e significativo!

Aldebaran, Vega, Mizar, Betelgeuse, Rigel e le altre miriadi di consorelle! Gli ammassi di costellazioni che hanno attraversato sono tutti nella loro memoria: Orione, Capricorno, Andromeda, e via andare! Sono, quei puntini luminosi o quei glomeruli di materia celeste i loro “compagni” da …già, da quando?

Forse, tutto principiò quando apparvero per la prima volta su quello strano pianetucolo, disabitato e destinato alla fine, insieme alla “fine” di quella minuscola Stella Gialla, suo altore!

E quegli strani bipedi che essi hanno visto “crescere” come civiltà e cultura, in vari step da essi controllati in ogni loro “ritorno” sul pianeta, si sono – è vero – evoluti, ma hanno fatto l’uso peggiore della loro civilizzazione: hanno distrutto la culla del loro stesso esistere!

Con l’Egonomia anzitutto [la furia che dell’Economia l’Idolatria dell’Ego] la regola master dei loro progetti che ha depredato e poi inquinato il pianeta, ridotto ad un ammasso di putridi rifiuti e fetidi acquitrini!

Con la sovrappopolazione, con cui si sono espansi in modo infinito in un mondo che è per sua definizione entropica “finito” e limitato!

Con la loro furia devastatrice e distruttrice, che li ha resi homo homini lupus, sino all’annientamento finale!

- Caro Leo [è l’amaro riflettere del buon Federico II] quante volte, tu, io e gli altri siamo venuti su questo pianeta per dimostrare la follia del loro stesso esistere?

Quante volte abbiamo cercato di far capire che il buon governo è amore, empatia, razionalità!

La stessa che regola i mondi che visitiamo da innumerevoli ere: quella “concordia” è sì legge fisica, vero caro Isaac, ma anzitutto legge etica e spirituale. E loro, stupidamente, a parlare di…..UFO! Ma i veri UFO alla fin fine si sono dimostrati loro, stupidi a non capire quale whormhole li stesse inghiottendo! Stupidi!-

   Lontano, le Costellazioni ruotano nel loro moto inesausto e i due “viaggiatori” riprendono il loro incessante cammino, vagolando da una Galassia all’altra, portando – ma spesso inutilmente – l’alba di una speranza che, pur essendo l’ultima Dea, come noto, anch’essa fugge i sepolcri! Un puntolino nello spazio infinito e poi …………!