Se al declinare dell'estate alzate gli occhi al cielo, lassù assai vicino allo Zenit, forse vi capiterà di scorgere, non dissimile per la verità a molte altre, una stella che si tramanda nasconda in sé una storia molto antica.
La scienza moderna precisa come essa sia lontana da noi 355 anni luce e le ha attribuito il freddo nome di “Gamma Andromedae”, gli antichi astronomi arabi la chiamarono in maniera assai più fantasiosa “Al Amak Al Arid” che tradotto fa “la lince del deserto”, da cui deriva l'attuale nome comune di Almach.
Se avrete la fortuna di osservarla con uno strumento adatto vi accorgerete come non si tratti di una sola stella ma in realtà siano due molto vicine, una più grande di colore rosso e una più piccola azzurro cielo, la reciproca vicinanza fa sì che i rispettivi colori, altrimenti sfumati ed appena percettibili, si esaltino straordinariamente a vicenda.
Gli astronomi moderni naturalmente parlano di forze gravitazionali e di attrazioni reciproche ma nel Libro dei Cieli scritto molto prima della venuta dell'Uomo viene riportata una diversa e assai più affasciante verità.
Ivi si narra, come all'alba dei tempi le due stelle fossero ben separate, distanti tra loro e come reciprocamente ignorassero l'esistenza l'una dell'altra, accadde poi, per volere di Dio o per puro caso, non è dato saperlo, che il loro viaggio finisse per intrecciarsi.
È scritto come la stella più grande avesse accettato con piacere e con amore la venuta della nuova compagna e fosse disposta a dividerne il proprio cammino nell'universo, perciò si fece ancora più grande e bella, al contrario la più piccola, che superbamente si credeva immortale, pensando di poter proseguire da sola nel proprio cammino, si tramanda abbia sdegnosamente rifiutato l'offerta e pertanto volle allontanarsi.
In realtà non conosciamo le ragioni profonde di una tale scelta, se fu ponderata o casuale, superficiale o al contrario sofferta, noi siamo portati a pensare che molto probabilmente fu solamente l’incapacità di scegliere, come spesso accade, tra l'amore per il proprio Io e la bellezza della rossa compagna.
Gli Dei si accorsero però di quanto fossero belle vicine le due stelle, di come i loro colori, altrimenti insignificanti, vicini meravigliosamente splendessero, decisero quindi di non privarsi di un tale spettacolo, al contempo però vollero punire la superbia della stella azzurra e la condannarono a ruotare eternamente attorno alla stella rossa senza potersi allontanare né avvicinare oltre.
Mille, mille e mille secoli sono passati e innumerevoli altri ancora ne passeranno, non possiamo in alcun modo conoscere i disegni divini, non possiamo sapere quale sarà il loro destino, dal momento che il Libro dei Cieli ancora non è stato compiuto.
A volte la notte, scrutando il cielo, accarezzo l’idea che gli dei in realtà abbiano voluto lasciarci un chiaro ammonimento scritto in eterno, lassù tra le stelle, però poi piano piano, con molto più realismo, penso sia ancora una volta il frutto della nostra incorreggibile presunzione che ci porta a ritenerci sempre e comunque al centro dell’universo conosciuto.
Camille Flammarion alla fine del diciannovesimo secolo scrive “io sfido lo spirito più freddo, più apatico e insensibile a osservare questa associazione di stelle senza esserne preso e colpito da alta ammirazione”.
Questo è scritto, ma si sa, forse in cielo come in terra, le cose accadono solamente per poter essere in seguito osservate e poi raccontate.