E poi ritrovarti….nella mia
immaginazione perenne.
Sei una tenera buccia di terra,
come allora, pallida e distante
quanto basta, per riconoscerti
in quella costellazione che dona
filigrane sgretolate a chi come me….
cercandoti, ha dimenticato le sue notti.
Ma allungo la mano per toccarti,
sei gravida di radici di polveri astrali,
quale lontano mistero a risvegliare
nostalgie lontane, anche a Poseidone…
per ammirarti come croce di cigno
che profuma di boccioli filiari.
Tra miliardi di lucidi stelle, sospese,
soffiano ancora distanti venti a pulire
l’emozione di averti trovata…finalmente.
E mi nutro della tua linfa dagli specchi
scavati, nelle nostalgie di uno spettatore
dai pensieri strozzati al fragile richiamo
di un coraggio mancato.
Vorrei rifuggire l’innocenza di un incantesimo,
tra tempeste di nebulose travolgenti e rimirare
gli spazi temporali, dove coccolare il tuo respiro amato.
Ma tu, stella madre…come me, lenisci
il riflesso di un’antica lontananza a contare
i tuoi passi accesi, ma anche così vicini.
E poi…..aver conservato parole nello spartito
di un’orbita fiammante….sì sei tu, alchimia
ritmica di sradicata calamita errante.