Giuliano Logos - Modugno (BA)
Il sole è un'incudine d'oro.
E tutto è schiacciato, trafitto.
E al cantico fulvo dell'astro
Fa eco in cromatico giubilo
ogni chiesa ogni trazzéra minareto e terrazzo
nei toni del giallo del rosso e dell'indaco.
Esplodono aranceti e le palme
ed i peschi e le mandorle
al limitare del borgo,
là, al di sotto
delle montagne, coi colori del vivido caldo
quasi di liquido magma
Nel limpido maggio
Di calma
Del 1204
Palermo abbaglia
E splende di luce normanna
Di voce araba
Del canto libero
Del re bambino
Dal volto germanico
Dal verbo siculo
E sangue vichingo
Che urla in strada
Dimentico del papa
dei timori di Innocenzo III,
della reggenza spaccata
Del mondo cattolico al centro:
Il tempo
è un arco, e lui lo tende dilatandolo tra il canto di un imam, il bazar e un salmo
con la grazia dello spazio che distanzia le ali del falco da caccia
che ama.
la sua vita è in piazza. É nato in piazza
e vive la gente in piazza
come avrebbe voluto sua madre Costanza
d'Altavilla, lontano dagli intrighi di Gualtier di Palearia
Ma oltre Scilla
il mondo attende ancora di vederne il valore,
e la Germania, quasi in mano a Ottone,
di portare il blasone del suo colore e sentire risuonare in ogni androne il nome
Hoenstaufen
E cinta la corona con quella di Aragona
cambia dimora e parte
verso il destino oltralpe
Come faranno ancora per secoli i giovani di queste lande
Non ha la discromia oculare di Alessandro il Grande
Ma del Macedone ammira l'ambizione,
Non ne cavalca lo stesso elefante di zanne d'Avorio
Ma ne porta il medesimo ardore
nell'occhio, un fuoco, come un incantatore
d'innanzi al grimorio
mentre in ginocchio il labbro dà uno schiocco secco
all'anello piscatorio e Onorio III
lo proclama
Imperatore
È l'apoteosi della giustizia, la sublimazione del bello
la sua corte è una corte dei miracoli
Dove tra lo Stupore del Mondo moderno
si indagano i moti degli astri,
e filosofi e scienziati e pensatori saraceni, ebraici, cattolici e arabi
si scambiano calcoli e versi e indagini sull'ultimo scopo
Ospitando, tra i palazzi, maghi e matematici,
da Fibonacci a Michele Scoto.
La libertà di culto è d'uopo
e la ricerca esplode a Napoli,
dove è fondata la prima Universitas Studiorum
statale e laica occidentale
perché all'Impero non possono mancare
mai lingue affilate e fervide menti
È il 1224
E intanto
sette anni dopo il Constitutionum Regni
Siciliarum libri è redatto a Melfi:
un codice legislativo e giudiziario
che porta il Regno di Sicilia tra gli stati moderni
Di lì a poco
si parificano sudditi di ogni credo davanti alle leggi,
Si rendono partecipi anche le donne della successione ai feudi,
Si libera il commercio abolendo dazi interni.
Gregorio IX è a pezzi. Quell'uomo non è un uomo,
è un insulto al cristo, è un demone, un Omen
un empio, un Mefisto da ardere.
Non si può nemmeno gioire del recupero delle Terre Sante
perché l'Imperatore stesso le ha macchiate riconquistandole senza versare una sola goccia pagana di sangue,
solo mediante trattati di pace.
Intanto versi poetici imbrattano le strade e
le sale sicule, campane, delle Puglie,
echeggiano come campane e macchiano,
infide, anime e tuniche alle corti del Puer Apuliae
che ignora così lievemente la scure delle sue due scomuniche
e scrive versi d'amore
Scrive versi d'amore
L'imperatore
Scrive versi d'amore
Fonda scuole poetiche
Fonda scuole
L'imperatore
Pone le basi della lingua di Dante
Della lingua italiana
Delle vostre parole
L'imperatore
Scrive versi d'amore
E di falchi
che gli animi che ammira
sono tutti affamati sono tutti affamati
sono tutti affamati di voglia di vita
e rifuggon Caronte
Sono tutti affamati, sono tutti affamati
sono tutti affamati, come i rapaci
con cui dà la caccia con me alle lepri all'ombra dell'ottava torre di Castel del Monte.
La vita nel 1250 è piatta.
Il mondo ha visto troppo, anche la fiamma
del Sultano Battezzato traballa,
quasi non è più un fuoco.
L'amore per Bianca Lancia ancora lo anima,
ma non mi porta più a caccia,
Il suo trono è rotto
il suo tono si è fatto roco.
Sotto un fiore il mago Scoto
aveva previsto
Sarebbe finito
E sotto lo stemma bardato e fiorito
in Puglia a Castel Fiorentino
Si è spento Federico
Il sole è un'incudine d'oro
E tutto è schiacciato e trafitto
Non scrive più versi d'amore
L'Imperatore che ho sempre servito
Il sole del mondo riposa
In un sarcofago rosso granito
nella Palermo gloriosa
che ama
di cui fu figlio
E che ancora
splende di luce normanna
Di voce araba
Del canto libero
Del re bambino
Cantato
da un falco
nel cielo limpido.