Pellegrinaggio evanescente,
indelebili astrazioni sussurrano
il silenzioso segreto che muore
di solitudine e vive di notti infuocate,
eclissi di luce lunare a scardinare
i limiti dell’infinito su acque
martoriate da fantasie troppo usurate
per poter esistere davvero.
Smarrirsi a riva è facile,
lo sa bene il tulipano travolto
da mille tornado che tornano a terra,
nemmeno l’attimo mancato
che potesse rendere onore al sacrificio.
Farò la stessa fine di quel fiore?
Parole stanche, cuori infranti, versi morti,
sillabe che mi ripeto come un mantra
ma è un susseguirsi di rimpianti
su queste vampate di gelo
che cingono la precarietà dell’incertezza.
Abbraccio le stelle per cercarti,
temporali lontani all’orizzonte,
se solo trovassi il coraggio di scoprirmi
trasformerei su carta schizzi inermi
di bestemmie abbozzate sul vento,
chissà se potrà mai sembrar diverso…
Oggi diffidenza mi costringe, non posso
vorrei trovarti nuova in ogni aurora,
forse domani attende un altro corso.
Volerei più in alto, oltre quel cielo
che cela le lacrime degli angeli più belli,
se solo domani sapesse l’amore
che stringo invidioso nel petto morendo
di capriole mancate, sarò lassù
in ogni stella che guardi la notte
per prendere sonno, sarò lassù
dove vivono le muse dei poeti
a brindare scolpendo calici di passione.
E se domani sarà luce la nuvola
più scura delle mie parole inconfessate
saremo note dello spartito più ammirato,
attimi d’eternità che vivono l’istante
senza mai morire.