L’albeggiare è lento
sulle umide zolle.
S’arrossa ogni masso
di bianco calcare,
segnato da lunghi calpestii passati.
Stride il falco tra i lecci,
al di’ rivolto.
E un odore soffice
di muschio perlato
soffia ad oriente.
E’ un’aurora tenue
che saluta Venere
e s’inchina al suon
di tamburi lontani.
Sul colle
svetta nitida la secolare quercia
avvolta d’aura astrale:
ne ha uditi passar pregiati cortei
di corni d’avorio.
Vibran le fronde oltre il colle
e riecheggia
un insolito frullar d’ali.
E’ un mattino fiero
che accoglie il giorno.
Il falco plana
e scruta attento
l’inceder stanco
di un cavallo bianco.
E’ un giorno assorto,
sulla verde murgia
dai riflessi perlacei.
Tutto tace
al comparir di un rosso manto
e uno stendardo rapace.
Non è più quiete.
E fu sua, da allor, l’ambita Puglia
ornata poi di vette tufiche
di giardini rari
e di ricami
e prigioni
e vesti bianche.
Lo sguardo corre affranto,
guerriero fino ai tramonti.
E poi, a sera, il temuto incanto
in quel fior che gli fu nemico…
E’ una notte lenta
che guaisce a oriente.
E stride il falco
alla sua stella.