Da un pianeta assai lontano
qualcuno osserva
come a compimento portiamo
le nostre vite incomprensibili.
Da quel pianeta che dorme dove annotta sempre,
quel lontano osservatore appunta curiosi ideogrammi
mentre noi, qui,
siamo da tempo morti.
Viviamo nel viaggio trasportati dai nastri cinematografici
a trecentomila chilometri al secondo
senza neanche il tempo di uno sguardo
dai tersi finestrini della luce.
Danziamo i nostri balli sfrenati,
libiamo alle morte eternità
agli occhi di quello sguardo curioso,
ma quaggiù tutto adesso tace.
In questo preistorico presente
noi siamo diventati
o siamo sempre stati
il sogno di un altro.
Siamo ombre che avanzano nell’orgiastica farandola umana
e allunghiamo le nostre fosche catene
fino alla bocca della grotta per rubare un po’ di verità
e ottenere in cambio solo morte.
Siamo già morti mentre festeggiamo compleanni,
o in attesa d’iniziare un lavoro migliore,
siamo già morti davanti all’altare o alla prima recita
della nostra figlia minore.
Siamo già morti quando da anziani negli occhi posiamo ancora specchiarci
intrecciandoci le mani e pensiamo alla morte
e temiamo la morte
mentre in lei è tutto avvenuto, in lei giacciamo sepolti nel futuro.
È lei che ci trattiene nei ricordi.
È lei l’ultimo dei nostri mondi.
E lei ci sta sognando.