Antica scienza come sembianza
di amante mai pago di mirar imago,
due nomi diede all’imperiale Venere.
Nomata Lucifero che della luce fu sommo signore.
Al mattino, riflessa nell’aurora a rimirar tua bellezza,
sei di purezza l’essenza.
Nomata Vespero che della sera sei tu la stella
che più brilla ante il calar del sole.
Pitagora, di teoremi e segreti instancabile esploratore,
scoprì nell’apparente tua duplice essenza, un’unica esistenza.
E così fosti regina di sera e mattina.
O Venusia straordinaria, hai luce bianca meravigliosa.
Più al Sol vicina della Terra, sei sua audace gemella.
In te risplende magnificenza di fatale stella.
Al ciel sereno rivolgi lo sguardo piccolo uomo.
Forse vi scorgerai del cosmo grandezza
e di Venusia grande bellezza.
Cammina su note ben scandite la bella Afrodite
e vola e danza e balza su astrale pentagramma,
nel ciel sospesa come piuma mai di casuale vento in balia.
Son silenziosi i suoi passi e
senza che s’odano rumori e suoni,
il suo moto scandisce dell’amor le stagioni
e da milioni di anni ingentilisce infiniti macrocosmi.
Sublime è danza di Venere milionaria a celebrar amori,
unioni, relazioni e tradimenti e grandi tormenti.
In ciel Venere suadente sua beltà rimira nello specchio
e nel riflesso essa vede di sé altro spettro
che non coglie né conosce nel fugace attimo del suo eterno moto.
Venusia, tu sei dell’astronomia gran musa
e sei della vita che fugge via emblema di bellezza e saggezza.
Astro d’or del cosmo tu sei l’incanto.