Stranita vaga l’onda
ad arroccarsi bianca
di spuma sfrigolante,
sulle ferite scolpite
d’uno scoglio.
Quel liquido rumore
in costante movimento
scandisce il passo
ipnotizzante
dell’eterno andare e venire.
Attonita è la sera di fronte
al fremito del tempo,
che si scioglie
in rosso e arancio
diluito nell’abisso.
Il ciottolo scagliato
rimbalza saltellando,
poi spacca dell’acqua
lo specchio che disegna
la notte e s’affonda.
E una ventosa mano,
che ammassa del cielo
la bambagia grigia in un angolo
ai margini del quadro,
carezza il viso e ristora.
Riluce il tragitto delle stelle
a rincorrersi
impazienti, con qualcuna
che s’immola e lascia
il tempo a un desiderio.
Poi s’affretta
il lucore dell’alba
sui fianchi di montagna,
e riaccende il cielo che torna
a vestirsi d’azzurro.