La campagna sfinita,
nella sera pacata di luglio,
trasuda l’orgoglioso
frinire dei grilli immorali,
rinati quasi a dover
placare, con incessante,
stridula nenia, l’ira
e l’ardore della terra riarsa.
E, immerso, quasi smarrito
nell’immane pudore
di un luogo dove tutto è
mistero e chiarezza,
immobilità e ferocia,
farsa e tragedia,
tenebra e luce,
crudeltà e amore,
inganno e verità,
onore e superbia,
miseria e splendore,
un cacciatore di rare stille sognanti,
che possano rapirgli il cuore
con zaffate di fole e metafore,
sta con il naso all’insù, stupito
dell’immenso respiro dell’oceano
lontanissimo di stelle Perseidi.
Ora, affonda il suo sguardo goloso
tra i grumi luminescenti e le bianche
vie di prodigiose costellazioni.
Sa che troverà,
prima o poi, il cammino
interrotto, nell’incedere
incerto dei passi,
verso la pallida pace svanita
e che ogni cosa non accade
per insolito, fortuito caso.
E, allora, scrutando,
nel sacro mutismo notturno,
i piccoli lampi di luce
fissi nel cielo cobalto,
sa che c’è e ci sarà
il sapiente Artigiano
che muove le ore e il destino
e infonde una precisa e ima ragione
alla vita, alle fortune e alla morte.